Voglio vivere cosí intervista Marco Giannecchini
Buongiorno Marco,
prima di tutto qualche parola su di te, sulla tua scelta di lasciare
l´Italia...per Berlino!
Volentieri! Sono
Marco Giannecchini, 50 anni, nato a Viareggio e residente a Berlino da piú di
25 anni.
Mi ricordo, che un
giorno, ancora studente di Medicina, a Pisa, improvvisamente si affaccia un
insolito pensiero nella mia mente: „E se andassi all´estero, dopo la laurea,
per lavorarci ed iniziare una nuova vita?“
Forse é la vita
nella provincia versiliese, troppo tranquilla e ordinaria, fatta di “famiglia,
cene con gli amici e palestra”, che mi sta stretta; ma é decisamente anche la
situazione in Italia, nel campo amministrativo e politico, che giá allora mi
rende “insofferente” per esempio verso le strutture statali, che percepisco
come logore, inefficienti ed estremamente costose. Ma poi sono soprattutto
scettico sulle possibilitá professionali in Italia, da medico laureato.
In estate, la
lotta con gli esami rallenta e la frenesia universitaria lascia il posto al
piacere di trascorrere qualche ora spensierata sulla spiaggia. Qui faccio
conoscenza di molti turisti, da tutto il mondo, che si recano nella “perla
della Versilia”, per godersi il blu del cielo toscano, rigenerarsi nel mare
tirreno e all´ombra dei pini della Maremma.
Una sera, faccio
la conoscenza di una ragazza di Berlino Ovest. Nasce cosí una
relazione sentimentale, che vogliamo mantenere, anche dopo che lei ritorna
nella sua cittá, allora divisa dal muro. Dato che anche lei studia, mi reco a
trovarla per brevi periodi di tempo a Berlino Ovest, che utilizzo anche per
informarmi sul sistema sanitario tedesco e le possibilitá di lavoro, in campo
ospedaliero.
Poi arriva
finalmente il giorno della laurea con la tesi. Durante la consegna del diploma,
sono da una parte felice di celebrare con la mia famiglia questa tappa, ma con
la mente sono sempre a Berlino.
12.000 chilometri
di strada mi separano, da quello che sento sempre di piú come la meta dei miei
sogni e delle mie ambizioni professionali.
Nel periodo
successivo avverto dentro di me un grande conflitto, che nasce dalla presenza
contemporanea di desideri, spesso tra loro contrastanti: la voglia di misurarmi
nel mondo del lavoro e di rendermi indipendente finanziaramente, il desiderio
di avventura, il bisogno di sicurezza, che mi dá la mia famiglia e la “rete di
contatti in Italia”. Ma nonostante tutto avverto di essere alla soglia di un
evento, che potrebbe cambiare definitivamente in maniera positiva la mia vita.
E cosí, un giorno
di dicembre del 1986, informo i miei genitori della mia decisione, poi mi siedo
alla guida della mia Fiat Ritmo, che porterá me e una serie di utensili da casa
oltre le Alpi, alla volta di Berlino.
Arrivo a Berlino,
agli arbori del giorno dopo, con in tasca un diploma da Medico....
Di cosa ti occupi
attualmente?
Professionalmente,
dove diverse attivitá svolte in parte in ospedale e in parte all´interno
dell´industria farmaceutica, lavoro oggi come responsabile imprenditoriale
di progetti medico-scientifici per la Bayer; svolgo questa attivitá, con un
“home office” nel mio appartamento a Berlino. Questo mi permette in maniera
quasi da semi-libero professionista di muovermi, con diversi mezzi di trasporto
(aereo, treno, macchina) da Berlino e visitare i miei clienti, sparsi in tutta
la Germania.
Come senti la „tua
Berlino“, paragonandola all ´Italia?
Berlino é per me un
rifugio per persone impazienti, come lo sono io.
Questa cittá è
stata a lungo ed é tuttora un luogo di raduno per “anime senza compromessi”,
per “esuli volontari” e “ribelli”.
E l´Italia, da
sempre prigioniera del principio immortalato nell´opera di Giuseppe Tommasi di
Lampedusa (il Gattopardo) - "deve cambiare tutto, in modo che non cambi
nulla", è anch´essa sempre un grande forno di anime, che soffrono
esattamente della stessa cronica insofferenza; anime mosse da desideri, da
esigenze, sogni e frustrazioni.
Berlino accoglie
queste anime, le dá un rifugio e le prepara ad una metamorfosi radicale.
L'Italia affascina
l'osservatore esterno, ma paralizza l'esistenza di tutti coloro che vi vivono.
Ciò è stato in gran parte la fonte della mia impazienza e all'età di 27 anni (al
momento del mio trasferimento a Berlino) non si vuole perdere tempo.
Berlino è stata
per me allora e lo è adesso un programma pieno di contrasti. E questo
penso che sia la ragione per cui gli Italiani vengono a Berlino oggi e la
lasciano dopo poco tempo. Qui puoi trovare temporaneamente la “salvezza”
e “la soddisfazione di desideri”, a lungo ignorati e rimossi. Ma puó
accadere, che la cittá “ti rifiuti”, come dopo un trapianto, in cui il corpo
rigetta il tessuto ostile.
L'andirivieni di
giovani italiani a Berlino è come un opera teatrale, scritta da due autori, a
quattro mani: da una parte dal desiderio e dall´altra dalla curiosità.
I personaggi sono anonimi, le loro storie un continuo tentativo di risolvere
definitivamente la vita come una equazione aritmetica.
Per alcuni di
loro, Berlino non è altro che la continuazione di uno di quei videogiochi che
hanno giocato da bambini, nelle sale da gioco. Si lancia il primo gettone e si
spera che il gioco duri il più a lungo possibile.
Se sei bravo o
fortunato, “riconquisti una vita persa” o riesci ad avere un punteggio elevato,
che ti permette di vincere una nuova partita.
Per tutti i
giocatori, quando il punteggio è basso, arriva peró poi, in maniera scontata il
momento del conto alla rovescia. É il momento in cui sullo schermo appare la
scritta lampeggiante "Inserisci un gettone".
Allora devi
decidere se continuare il gioco e rischiare di nuovo tutto o mandare tutto e
tutti al diavolo e tornartene a casa.
Anche io a Berlino
all'inizio ho giocato con un paio di gettoni in tasca e poi sono rimasto, per
cercare di reinventare me stesso. O semplicemente per far coagulare un pó di
tempo, prima di prendere una successiva decisione.
Forse forse
rimasto, anche perché mi sono innamorato “a seconda vista” in questa città.
Poiché Berlino è
“bella”, non in un senso strettamente estetico; Berlino é bella, perché non è
definitiva, perché le cose non durano all´infinito, perché tutto é sempre in
movimento. In una parola: tutto é ancora provvisorio.
Il caso e il
sentimento, che è anche in definitiva casuale, mi hanno portato a Berlino. Ma
ancora più importante é quello che mi ha tenuto qui. Quello che definirei il
fascino del provvisorio.
Forse Berlino,
come ho detto, non é "bella in senso estetico", ma offre un vuoto e
il vuoto è un' opportunità. In quanto ne puó nascere qualcosa. Si tratta di una
promessa, uno spazio per la propria creatività. La furia creativa di questo
posto è inebriante. É come un farmaco che ti entra direttamente nel sangue.
I numerosi
cantieri, sparsi in tutta la cittá, li sento come parte della mia vita, perché
mi identifico con loro. Quando hai 27 anni, la vita è come un cantiere aperto.
Tutto è “futuro” e le passioni sono travolgenti, fugaci e provvisorie. Ma anche
oggi, alla soglia dei 50 sento, che la mia “casa” non é ancora terminata.
Berlino, con i suoi cantieri e rovine, dá del tu al mio "IO
provvisorio", come due amici, che si conoscono da molto tempo e che
continuamente parlano di nuovi progetti, di nuove scoperte e nuove mete da raggiungere.
In Italia, la
storia si accumula strato dopo strato. Tutto rimane peró al suo posto e noi
possiamo solo osservare ciò che accade, senza poterne veramente prenderne
parte.
A Berlino, la
storia è enorme, devastante, ma costruisce spazi nuovi, con rabbia distruttiva
e creativa, senza la necessità di abbellire alcuna cosa.
Tra le rovine si
aprono spazi per la rinascita, mai ritenuti possibili prima, e si forma un
nuovo pensiero.
Berlino è la prova
vivente, che niente è per sempre, ma tutto è provvisorio. Che prima o poi anche
l'ordine considerato il piú stabile di tutti, si trasforma, finisce e muore.
Anche
quell´ordine, in cui viviamo oggi. E anche questo alleggerisce la nostra anima
e ci dà la serenità per iniziare la giornata con la frase "quale ruolo
interpreto oggi nel film della mia vita?".
É difficile per un
Toscano vivere a Berlino?
Non direi,
anzi...Ho bisogno della struttura di una grande città, come Berlino, per
riempirla dei contenuti di vita del mio paese, di ció che imparo tutti i
giorni, attraverso la mia famiglia e la mia professione.
Essere al tempo
stesso parte di Berlino e “straniero” nello stesso momento é la base della mia
“inconsueta quotidiana realtà personale”; questa é la base per i miei viaggi
alla continua scoperta di me stesso e del processo di creazione del quotidiano.
Dopo 25 anni,
avrai fatto senz´altro molte esperienze, che ti hanno aiutato a capire la “tua
vera personalitá”...
É vero...ci sono
state diverse situazioni estreme, che mi hanno fatto percepire chiaramente i
miei limiti, ma anche le mie potenzialitá.
Forse ha ragione
l' astrologia, quando definisce i tratti caratteristici dei capricorni. Sono
nato il 26 Dicembre, nel periodo piú freddo e buio dell´anno, quando per
sopravvivere ai rigori dell´inverno bisogna attingere alle proprie risorse piú
profonde, saper dosare al meglio le proprie energie e saper contare su se
stessi.
Una delle cose che
questa scelta di vita mi ha hanno capire, fin dall´inizio, é che potevo
cavarmela da solo.
Inoltre, mi hanno capire come sia importate conquistare quello che ritengo essenziale per il
proprio sviluppo personale: la conquista della propria autonomia, non solo
finanziaria, ma soprattutto di pensiero.
Come mai hai
scelto questo momento per raccontare la tua esperienza?
In tutti questi
anni, ho scritto giorno per giorno, un diario e poi un giorno mi sono chiesto:
„se la mia vita fosse un film, avrebbe voglia di vederlo qualcuno???“
All´inizio ero
incerto. Poi con il tempo mi sono reso conto, che questa titubanza era un
invito a guardare con sguardo piú compiacente verso me stesso; un invito a
smettere di cercare i difetti in me stesso e valorizzare i miei “talenti”.
Oggi sento che a
questa titubanza si é sostituita una “serenitá”, che deriva dalla
consapevolezza di avere in mano le chiavi della “mia felicitá” e di una „bella
storia da raccontare“.
La realtá in
fondo, ci dicono gli scienziati della mente, non esiste per sé, ma é il
risultato di una permanente elaborazione di ricordi memorizzati, di sensazioni,
nate dall´interno del nostro corpo e dai nostri 5 sensi e di desideri, rivolti
a situazioni, che vorremmo sperimentare nel futuro.
Cosí la mia
“realtá” é il “film della mia vita”, in cui agisco al tempo stesso da regista,
da attore, da responsabile del suono e cosí via. Oggi scrivo
regolarmente sul mio blog “der Film meines Lebens” (il film della mia vita”),
che é un pó come la camera di montaggio,
dove parlo della
mia esperienza a Berlino, annoto i miei pensieri, parlo delle persone, che mi
hanno colpito ecc. ecc.
Ci sono differenze
fondamentali nel modo di pensare e affrontare gli aspetti pratici tra l'Italia
e la Germania?
Il primo di
Settembre di quest´anno festeggio i miei 23 anni a Berlino con un “Aufenthaltserlaubnis”
(permesso di soggiorno) e come allora mi sorprendo sul modo di agire e pensare
tedesco, che per certi versi con il passare del tempo ho avuto modo di
apprezzare, ma che in certe situazioni ancora mi stupisce.
All´inizio avrei
desiderato avere qualcuno, che da “straniero” mi avesse dato “Lezioni di Vita
Tedesca”, per es. che si offre del caffé, quando si riceve ospiti a casa, che
non é cortese telefonare dopo le 19, o che non é permesso lasciare circolare il
proprio gattino nel giardino nella cosiddetta “Brutzeit” (nel periodo in cui
gli uccelli allevano la prode nel proprio nido), per minimizzare il rischio di
un attacco felino con esito sfortuito per la razza aviaria.
Il problema
fondamentale per l´Italiano all´inizio é che i suoi circuiti neuronali sono
addestrati per agire in un contesto sociale come un “giocoliere”, che fa roteare
un numero svariato di palline in rapida successione. In Germania, al
contrario, a questa capacitá di “elaborazione mentale in parallelo” viene
prediletta una “capacitá di elaborazione seriale”; per es. nelle riunioni di
lavoro in Germania, si procede nella discussione secondo un agenda prefissa,
mentre in Italia, si lascia sempre un certo spazio all´improvvisazione e i temi
da discutere riflettono spesso lo stato emotivo dei partecipanti, seduti al
tavolo della riunione.
Con il tempo,
l´Italiano affina le due capacitá di elaborazione cognitiva, con il vantaggio
di saper improvvisare, quando ne é necessario e di saper risolvere problemi in
maniera piú creativa di altri, in quanto assembla elementi, che sfuggono
all´attenzione di altri.
Cosa si prova all´inizio,
quando si lascia l´Italia e cosa consiglieresti a chi volesse trasfersi a
Berlino?
Chiaramente
all´inizio si prova un grande senso di vuoto, di “perdita”. Ma “perdere” puó
significare anche trovare qualcosa di nuovo. Afferrare un sogno impigliato nel
passato. Rivoulzionare il proprio”business plan esistenziale”. Non é
importante il modo in cui si arriva al cambiamento. L´importante é lasciarsi
alle spalle quella zona grigia di staticitá e arrivare ad un vera sintonia
tra gli intenti ed il fare.
Decalogo del
cambiamento:
1) fai attenzione
al tuo budget (cerca di disporre di sufficienti risorse finanziarie prima di
“metterti in viaggio” e durante il viaggio stesso)
2) trova un
appartamento, in cui ti senti a tuo agio e protetto
3) trova
all´inizio un lavoro, che ti permetta di coprire i costi di base, per poi
volgerti ad attivitá, che rispecchino la tua passione
4) prenditi cura
del network sociale nella tua nuova patria
5) apprendi le
nuove regole sociali come fossero un nuovo gioco, accetta qulache rischio e
impara qualcosa di nuovo, ogni volta che puoi
6) Sii curioso,
non diffidare delle novitá, non lasciarti spegnere dalla routine.
7) sviluppa
pazienza e umiltá
8) non cancellare
la tua storia, il tuo passato. Costruisci sopra a questo.
9) ascolta il tuo
istinto
10) credi in te
stesso
Rimpiangi
l´Italia? Quante volte sei in Italia?
Per il momento non
penso di voler tornare in Italia, definitivamente. In genere trascorro le mie
vacanze in Toscana, dalla mia famiglia.
Sei sposato?
Si con una donna,
proveniente dalla Giamaica, con cittadinanza tedesca, che ho conosciuto ca. 4
anni grazie a Internet.
Dove abiti?
Abito con mia
moglie e suo figlio in un appartamento al centro di Berlino.
Cosa offri?
Da questa mia
esperienza personale e nell´ambito della mia formazione professionale ho
sviluppato un mio metodo che abbina tecniche mentali (training autogeno,
programmazione neurolinguistica, per es.) ad un lavoro autobiografico, per un
percorso di autorealizzazione personale e professionale, con i seguenti punti
centrali: sviluppo e raggiungimento di obiettivi, successo personale, self- e
stress management.
Questo, unito alle
mie conoscenze in campo economico, amministrativo e legale in Germania, rendono
la mia offerta particolarmente interessante per chi, dall´Italia, dopo la
laurea, avesse interesse ad una esperienza di lavoro a Berlino.
Epilogo
Alcuni mesi fa ho
letto un editoriale sulla rivista “Millionaire”, una delle poche riviste che
compro in Italia, che mi ha ispirato le prossime righe....
Ci sono sempre
momenti molto intensi nella vita di ognuno di noi. Sono quelli in cui devi
prendere decisioni definitive, da cui sai che non potrai tornare
indietro.
Capita quando devi
decidere se comprare una casa o vivere in affitto, oppure se cessare un lavoro
giá praticato da anni, che rappresenta una sicurezza finanziaria, ma che
“interiormente” non ti dá quello di cui hai bisogno, per essere felice.
Sono momenti che
ti rimarranno per sempre nella memoria. Sono momenti in cui la “decisione
giusta” é sempre e solo teorica, perché la realtá spesso ti porta a fare scelte
“obbligate”. Da un lato vorresti andare avanti, dall´altro sai di non poterci
piú riuscire. Piangi le tue lacrime in silenzio e chiudi le orecchie di fronte
alle tante urla attorno a te. Sono le grida di chi ti incita a proseguire,
perché é terrorizzato di perdere il suo posto. O gli insulti di chi si rifiuta
di capire e trova piú facile e comodo rifugiarsi nella provocazione. Sono
momenti difficile per tutti. Qual´é il mio consiglio? Non certo quello di “suggerire”,
perché non esiste una situazione “tipica”, ma mille casi diversi, dove ció che
appare logico é invece l´esatto contrario.
L´unica strada da prendere, secondo me, é
quella che avvverti come la sola davvero percorribile. Puó essere in una
direzione, oppure in quella opposta. Ma paradossalmente, non é questo che
importa: occorre proseguire, andare avanti, senza scegliere in questo
difficile momento la meta finale. A quella, presto o tardi, arriverai, se
saprai alzarti dal fosso in cui sei caduto. Perché é solo se ci rimani dentro,
e ti buttano la terra addosso per coprirti, che é davvero finita. Meglio
iniziare un nuovo percorso. Lo intraprendi amareggiato, deluso, martoriato.
Ma puoi cominciare con il sorriso, se comprendi fino in fondo quale forza hai
nell´avere ancora la capacitá di andare avanti nonostante tutto. É quella
che a tanti manca per cui si fermano nei momenti critici. É quella a cui io mi
appoggio da sempre per essere capace di andare avanti. Ed é quella che io auguro
a ogni lettore della mia storia che si trova a vivere un momento cosí: “Guarda
dove puoi andare E vai...Senza mai fermarti! Vi auguro il film piú bello della
vostra vita.
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